La struttura dell’atomo nella fisica classica

LA STRUTTURA DELL’ATOMO NELLA FISICA CLASSICA

Anche la struttura atomica della fisica classica viene messa ad un certo punto in discussione. Per comprendere ciò vediamo prima quale era, dal punto di vista storico, la struttura dell’atomo.

Nel 1808 J. Dalton ipotizza che la materia è costituita da atomi (la parola atomo deriva dal greco átomos che vuol dire indivisibile, privo di una struttura interna).

Nel 1897 J. J. Thomson scopre che l’atomo è costituito da particelle negative chiamate elettroni (di massa molto piccola) all’interno di una struttura positiva (perché l’atomo è complessivamente neutro) con massa molto maggiore rispetto a quella degli elettroni distribuita in tutto l’atomo. Gli elettroni erano visti quindi come l’uvetta all’interno di un panettone e perciò tale modello atomico prende il nome di modello a panettone.

 Nel 1909 E. Rutherford a seguito di un esperimento in cui una sottile lamina d’oro viene bombardata da particelle α cariche positivamente (oggi sappiamo che tali particelle sono atomi di elio) con una massa molto maggiore di quella di un elettrone, ci si aspettava che la maggior parte dei raggi passassero industurbati (non erano influenzati dagli elettroni) e che qualche raggio fosse leggermente deviato. La deviazione può avvenire per due condizioni diverse:

  1. la particella passa vicino all’atomo ad una distanza d maggiore rispetto al raggio r dell’atomo stesso: la carica dell’atomo è come se fosse concentrata tutta al centro e quindi la repulsione fra le due cariche positive, poiché dipende dall’inverso del quadrato della distanza d, è piccola;

  2. la particella attraversa l’atomo: la repulsione di Coulomb dovuta solo alla parte di carica contenuta nel raggio pari alla distanza d tra la particella e il centro dell’atomo è piccola essendo piccola la carica.

In entrambi i casi la previsione del modello a panettone era di piccole deviazioni.

L’esperimento portò anche a raggi riflessi con l’abbandono del modello a panettone per un modello planetario dell’atomo in cui quasi tutta la massa e la carica positiva è concentrata al centro (oggi sappiamo che il raggio del nucleo è dell’ordine di 10–13 cm) e intorno girano gli elettroni (oggi sappiamo che la dimensione dell’atomo è dell’ordine 10–8 cm), esattamente come avviene per i pianeti nel sistema solare. In questo caso:

  1. se la particella α passa ad una certa distanza d dal centro dell’atomo essa viene leggermente deviata;

  2. se la particella α passa molto vicino al nucleo dell’atomo, essendovi concentrata tutta la carica, essa verrà notevolmente deviata e in alcuni casi addirittura riflessa.

Tale modello però è in contraddizione con la fisica classica per due motivi:

  1. una particella carica, come ad es. l’elettrone, che ruota intorno ad un’orbita si muove di moto accelerato e secondo le equazioni di Maxwell doveva emettere una radiazione elettromagnetica a scapito della sua energia; perdendo energia l’elettrone dovrebbe collassare sul nucleo in una frazione di secondo e quindi gli atomi non dovrebbero essere stabili (cosa che non è);

  2. gli atomi possono emettere o assorbire radiazione elettromagnetica su determinate lunghezze d’onda (dipende dal tipo di atomo) generando delle righe spettrali (di emissione o di assorbimento); il motivo di tali frequenze era ancora un mistero. Per esempio per gli atomi costituiti da un solo elettrone (come ad es. l’idrogeno) le lunghezze d’onda presenti nello spettro sono date dall’equazione di Rydberg e cioè con n e m interi; il motivo di tutto ciò non era ancora noto ed era strana la presenza di numeri interi rispetto a “natura non facit saltus”.

Prof. Vito Egidio Mosca
Imparare la Fisica

Pubblicato da impararelafisica

Come è bello conoscere tante cose e non saperne altre, ma è ancora più bello scoprirne delle nuove anche se già scoperte da altri. Mosca Vito Egidio, Docente di Matematica e Fisica, Liceo Scientifico. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2009 dell'AIF. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2016 dell'AIF.