Dalla composizione relativistica delle velocità
abbiamo che comunque si compongono due velocità v’ e V minori o uguali a c, si ottiene comunque una velocità risultante minore o uguale a c. Perciò
la velocità c della luce nel vuoto è una velocità limite
non superabile.
Tale limite lo si può identificare anche nel fattore di Lorentz:
Proviamo a disegnare il grafico di γ in funzione della velocità v. Il dominio della funzione è il radicando maggiore di zero:
Di conseguenza:
Considerando il modulo della velocità v:
Anche in questo caso la velocità della luce è un limite verso cui possono tendere le velocità degli oggetti materiali (senza raggiungerla).
La seconda legge della dinamica classica è in contraddizione con tale limite invalicabile. Dalla fisica classica sappiamo infatti che se ad un corpo di massa m applichiamo una forza F esso accelera:
a = F/m
Di conseguenza
Δv = F/m Δt
Secondo la fisica classica, applicando una forza per un tempo sufficientemente lungo è possibile raggiungere qualunque velocità (anche superiore a c).
Per ovviare a questo problema c’è un’unica possibilità, la massa m non è una quantità costante ma aumenta con l’aumentare della velocità. Se indichiamo con m0 la massa misurata da un osservatore rispetto al quale la massa è ferma (massa a riposo), la massa m per un osservatore in moto (rettilineo uniforme) con velocità v rispetto al primo sarà m = γ m0:
Poiché per v -> c si ha che m -> +∞ => Δv -> 0.
Vediamo quindi come diventa la seconda legge della dinamica partendo dal teorema dell’impulso:
F dt = dp => F dt = d(mv) => F dt = d( γ m0 v)
m0 è costante
F = m0 d( γ v)/dt
Poiché
d(f g)/dt = df/dt g + f dg/dt
F = m0 v dγ/dt + γ m0 dv/dt
Ma la derivata della velocità rispetto al tempo è l’accelerazione:
F = m0 v dγ/dt + γ m0 a
Naturalmente anche la quantità di moto relativistica sarà diversa da quella classica:
p = m v => p = γm0 v
Prof. Vito Egidio Mosca