Tappe storiche dell’elettromagnetismo

TAPPE STORICHE DELL’ELETTROMAGNETISMO

DAGLI ANTICHI GRECI A GUGLIELMO MARCONI

I protagonisti delle tappe storiche dell’elettromagnetismo sono: Gilbert, Franklin, Coulomb, Volta  e Galvani, Oersted, Ampère, Biot e Savart, Faraday, Maxwell, Hertz, Marconi e Morse.

Le tappe storiche dell’elettromagnetismo cominciano con:

ANTICHI GRECI

I concetti di elettricità e di magnetismo sono nati nell’antica Grecia a seguito dell’osservazione di curiosi fenomeni (già Talete nel ‘600 a.C.). Il nome elettricità viene dal greco electron (significa ambra); infatti se strofiniamo un pezzo di ambra (o di resina) con una pelliccia si elettrizza (si formano delle scintille). Quello che si ottiene è elettricità statica. I greci si resero conto che esistevano due tipi di elettricità statica:

  • elettricità resinosa (ottenuta strofinando un pezzo di resina con una pelliccia);

  • elettricità vetrosa (ottenuta strofinando un pezzo di vetro con una pelliccia o con della seta).

I greci osservarono che oggetti con lo stesso tipo di elettricità si respingevano, mentre oggetti con elettricità diversa si attraevano.

In una certa regione della Grecia (la Magnesia) vennero trovati dei magneti naturali (il materiale oggi si chiama magnetite). Dal particolare nome di questa regione della Grecia prende origine il nome di magnetismo. I greci scoprirono che i magneti naturali attraggono i pezzi di ferro e che hanno due poli (polo Nord e polo Sud); i poli uguali si respingono e i poli opposti si attraggono.

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GILBERT

Nel ‘600 l’inglese William Gilbert (1544-1603) proseguì gli esperimenti dei greci e mise in luce le somiglianze e le differenze fra elettricità e magnetismo.

DIFFERENZE FRA ELETTRICITA’ E MAGNETISMO:

Qualsiasi cosa si può elettrizzare strofinando oggetti di materiali qualsiasi (ad esempio strofinando le scarpe su un tappeto). L’elettricità si genera facilmente per attrito e qualsiasi cosa può trasmettere elettricità (l’elettricità si può trasmettere da un oggetto a qualsiasi altro). E’ possibile, inoltre, separare i due tipi di elettricità (resinosa e vetrosa).

Il magnetismo, invece, riguardava soltanto il ferro; strofinando un pezzo di magnete sul ferro, il ferro si magnetizza (trasmissibilità). Un magnete, inoltre, ha sempre un polo Nord e un polo Sud e non è possibile separarli. Se spezziamo un magnete per cercare di separare i due poli, non ci riusciamo.

SOMIGLIANZE FRA ELETTRICITA’ E MAGNETISMO:

Esistono due tipi di elettricità: i tipi uguali si respingevano mentre quelli diversi si attraevano.

Nel magnetismo si ha la stessa cosa: tipi uguali di magnetismo (es. due poli Nord) si respingevano mentre quelli opposti si attraevano.

Gilbert studiò anche un altro fenomeno: perché un magnete indica il polo Nord? La bussola era già stata scoperta dai cinesi: un ago di ferro in acqua indicava il Nord (si chiamava polo che cerca il Nord) e il polo opposto era attratto dal Sud. Gilbert affermò che l’unica soluzione possibile era che ci fosse un grosso magnete all’interno della Terra.

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FRANKLIN

Nel ‘700 gli studiosi avevano ormai acquisito una certa capacità di realizzare esperimenti elettrici. Per esempio lo statunitense Benjamin Franklin (1706-1790), uno dei fondatori degli Stati Uniti d’America, realizzò un esperimento molto pericoloso: fece volare un aquilone legato ad un filo durante un temporale e mostrò che l’elettricità attraversa il filo e realizza scintille a terra; riuscì a caricare anche una bottiglia di leida (forma antica di condensatore). Un collega di Franclin, che lo realizzò nello stesso periodo, la scoperta che il fulmine è un fenomeno elettrico non potè raccontarlo di persona agli amici (gli costò la vita). Successivamente Franclin inventò il parafulmine per proteggere le case dai fulmini.

Prima di Franclin si pensava che esistevano due tipi misteriosi di fluidi elettrici (elettricità resinosa e vetrosa) ma Franclin osservò che bastava un solo fluido elettrico: l’elettricità di un tipo è generata da un eccesso di questo fluido (elettricità positiva) e quello dell’altro tipo dalla sua scarsità (elettricità negativa). Ciò semplificò l’analisi del fenomeno dell’elettricità.

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COULOMB

Il francese Charles Coulomb (1736-1806) decise di studiare la forza elettrica che due corpi carichi esercitano l’uno sull’altro. Coulomb dimostrò che esiste una regola precisa che governa questa forza: l’intensità della forza fra due oggetti carichi dipende dall’intensità di entrambe le cariche (è direttamente proporzionale al prodotto delle due cariche ed è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza). La prima legge quantitativa dell’elettricità fu derivata da Coulomb ed oggi, in suo onore, l’unità di carica elettrica è stata battezzata Coulomb.

legge di Coulomb
legge di Coulomb

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VOLTA e GALVANI

Il fisico italiano, dell’Università di Pavia, Alessandro Volta (1745-1827) costruisce la pila, cioè il primo generatore statico di energia elettrica. La sua invenzione deriva dagli esperimenti di un grande scienziato bolognese, a lui contemporaneo, Luigi Galvani (1737-1798). L’anatomista (sezionava le rane e studiava il suo interno); Galvani pubblica nel 1791 un’opera, il Commentarius, in cui scrive che ponendo una rana (decapitata e scuoiata) su una tavola su cui era collocata una macchina elettrostatica, con il conduttore della macchina si potevano osservare delle contrazioni nei muscoli delle zampe; lo stesso avveniva anche senza il generatore toccando le zampe con un conduttore metallico scarico. Galvani interpreta il fenomeno ipotizzando l’esistenza di un’elettricità animale che si accumula nel corpo in vita e che quando l’organismo è morto si può scaricare attraverso le contrazioni osservate.

Volta, che in quel periodo viveva a Como, legge l’opera di Galvani, ripete gli esperimenti, ma ritiene che il fenomeno va spiegato diversamente. Volta non credeva nell’elettricità animale, capì che l’effetto dello scalpello con i muscoli della rana non aveva nulla a che fare con l’elettricità all’interno    della rana; l’elettricità era prodotta dallo scalpello perché esso era fatto di due metalli di tipo diverso. Le rane, non sono generatori ma sono rilevatori dell’elettricità che si produce dal contatto fra conduttori diversi, in base alla tendenza del fluido elettrico a espandersi e a tornare in una condizione iniziale di equilibrio. Volta si rese conto che se si mettono in contatto due metalli diversi, come per esempio il rame e lo stagno, si produce un effetto elettrico. Fra Volta e Galvani nasce un’accesa controversia finché nel 1800 viene pubblicata la lettera di Volta in cui annuncia l’invenzione della pila realizzata con una struttura fatta da molti strati di monete di rame e di zinco inframmezzata da carta bagnata.

pila di Volta
pila di Volta

Con questa pila si produceva una corrente elettrica. Volta diventò un grande eroe e fu ricevuto da Napoleone che dichiarò di avere un grande rispetto per le scienze e che anche lui sarebbe diventato un grande scienziato se non avesse avuto un’altra occupazione. Napoleone consegnò a Volta una bella medaglia ed una pensione a vita. Poi ordinò ai francesi di costruire una grande pila per fare delle ricerche scientifiche. Gli inglesi ne sentirono parlare e costruirono anche loro una grande pila. Tra Francia e Inghilterra cominciò una competizione serrata per costruire la più grande pila del mondo. La pila più grande fu costruita dagli inglesi. La pila venne utilizzata per molti esperimenti: ad esempio, fu usata per separare idrogeno e ossigeno dall’acqua tramite l’elettrolisi (per far vedere che l’acqua non è una sostanza semplice); vennero individuati alcuni elementi chimici mai trovati, fino ad allora, separatamente (come il sodio e il potassio da parte di Humphry Davy); furono usate per produrre luce: in questo modo fu possibile assistere a spettacoli teatrali notturni illuminati con una luce intensa e non al buio o con la luce delle candele.

Galvani e Volta sono entrati nella letteratura popolare in molti modi diversi.

Il galvanometro è uno strumento che non fu costruito da Galvani ma che prese il suo nome. E’ uno strumento molto sensibile che può rilevare correnti elettriche minuscole. Fu scoperto dal fisico francese Ampère (1775-1836) ma prese il nome da Galvani.

Galvanizzare un palo di ferro vuol dire ricoprirlo di stagno (fu ideato dopo Galvani ma prese il nome da lui).

L’unità di misura fondamentale della forza dell’elettricità (o potenziale elettrico) si chiama volt e, in molte lingue, la pila fu chiamata a lungo pila voltaica.

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OERSTED

Alla fine del 1819 H. C. Oersted (1777-1851), professore dell’Università di Copenhagen del corso Elettricità, Galvanismo e Magnetismo (a quell’epoca per elettricità si intendeva elettrostatica e per galvanismo si intendevano i fenomeni inerenti le correnti elettriche), stava spiegando ai suoi alunni che se si prende una pila (voltaica) e si fa passare corrente in un filo sottile, esso si scalda ed il filo sarebbe diventato addirittura incandescente. Ma durante la lezione, alcuni studenti lo interruppero e dissero: professore, guardi. Il professore guardò e vide che la corrente che passava nel filo faceva muovere gli aghi delle bussole poste sul tavolo, gli aghi si disponevano in modo da formare un cerchio intorno al filo:

Filo percorso da corrente e bussole
Fig. 1 Filo percorso da corrente e bussole con ago tangente alle linee di campo

La prova di una relazione tra elettricità e magnetismo (una corrente elettrica produce un effetto magnetico che oggi chiamiamo campo magnetico) è stata la scoperta più spettacolare del primo ‘800. Oersted dimostrò che l’effetto magnetico può attraversare il legno ed altri materiali, che non dipendeva dalla natura del filo ma solo dall’intensità di corrente che attraversava il filo. Oersted scrisse un articolo in latino (Experimenta circa effectum conflictus electrici in acum magneticam) e lo fece circolare in Europa con un gran successo (fu pubblicato nel 1820). La sua descrizione era però di tipo qualitativo. Tale pubblicazione è l’ultima opera importante, nel campo dell’elettricità e magnetismo, scritta in latino e quindi segna il passaggio dall’epoca settecentesca a quella ottocentesca.

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AMPÈRE

L’11 settembre 1820 il presidente dell’Accademia di Parigi presentò l’esperienza di Oersted durante una riunione sugli ultimi risultati scientifici di rilevanza. A questa riunione vi era anche A. M. Ampère che subito pensò alla seguente ipotesi: se c’è un’interazione tra correnti e magneti, ci può essere anche un’interazione tra correnti? Dopo neanche una settimana Ampère, in due incontri successivi, si presentò all’Accademia per mostrare il mutuo effetto fra due correnti: due conduttori paralleli di lunghezza l a disanza d l’uno dall’altro e percorsi da due correnti i1 e i2, la forza F d’interezione è direttamente proporzionale al prodotto delle intensità di corrente ed inversamente proporzionale alla loro distanza (vedi Fig. 2).

Fig. 2 Ampère: interazione fra due correnti

Questa legge viene utilizzata per definire l’unità di misura dell’intensità di corrente nel S.I. (Sistema Internazionale): l’Ampere è l’intensità di corrente costante che, se mantenuta in due conduttori paralleli e rettilinei di sezione trascurabile rispetto alla lunghezza e posti alla distanza di 1 m l’uno dall’altro nel vuoto, si produce fra i conduttori una forza di 2 x 10-7 N per metro di lunghezza.

Successivamente Ampère arrivò a scrivere il Teorema della ciruitazione di Ampère (il termine circuitazione deriva da circuito, percorso chiuso) che afferma: la circuitazione di B, calcolata lungo un cammino chiuso qualsiasi, è uguale al prodotto della permeabilità magnetica μ0 per la somma algebrica delle correnti concatenate con il cammino considerato

legge di ampere
circuitazione di Ampère
legge di Ampère
circuitazione di Ampère

Ampére unificò la relazione fra elettricità e magnetismo, inventò l’elettromagnete, un dispositivo che applicando una corrente permette di produrre un magnete che poi, in mancanza di corrente, scompare. Ampère fece per il magnetismo ciò che Coulomb aveva fatto per l’elettricità. Coulomb spiegò in che modo le cariche producono effetti elettrici, Ampère spiegò in che modo una distribuzione di correnti elettriche produce effetti magnetici. Quindi, le cariche elettriche generano effetti elettrici, le correnti elettriche (che come si capirà in seguito, sono delle cariche in movimento) generano degli effetti magnetici.

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BIOT e SAVART

Il 30 ottobre 1820 J. B. Biot (1774-1862) e F. Savart (1791-1841) pubblicarono la legge quantitativa del fenomeno scoperto da Oersted; è possibile, quindi, determinare il modulo del campo magnetico B che un filo rettilineo percorso da corrente I produce a distanza secondo la seguente formula:

Legge di Biot e Savart
Legge di Biot e Savart

Per quanto riguarda la direzione del campo B: si consideri un piano perpendicolare al filo (vedi Fig. 3 e 4), in ogni punto il campo B è tangente alla circonferenza che giace sul piano e passante per quel punto:

Fig. 2 Direzione campo magnetico
Fig. 3 Direzione campo B

Per quanto riguarda il verso del campo B, si utilizza la regola della mano destra come in Fig. 4: si pone il pollice della mano destra lungo il verso della corrente I e la rotazione delle dita (nel chiuderle nella mano) indica il verso del campo:

Fig. 2 Direzione e verso di B
Fig. 4 Direzione e verso di B

Poiché una corrente generava un effetto (campo) magnetico, per simmetria, si pensava che un campo magnetico doveva avere degli effetti sulle correnti elettriche.

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FARADAY

La teoria dell’elettromagnetismo sorge sulla base delle scoperte di un altro grande scienziato inglese Michael Faraday (1791-1867). Era un assistente di Humphry Davy (chimico 1778-1829). Davy sfruttò la scoperta italiana della pila per produrre sodio e potassio; portò con se Faraday in un viaggio in Francia ai tempi delle guerre napoleoniche e in quell’occasione i due scoprirono un nuovo elemento, lo iodio. Faraday, sapendo che l’elettricità può produrre magnetismo giunse alla conclusione che certamente era possibile che il magnetismo producesse elettricità. Faraday prese un anello di ferro, avvolse il filo intorno ad una metà dell’anello ed un altro filo intorno all’atra metà (Fig. 5). Collegò un avvolgimento ad una sorgente di elettricità (una pila) e l’altro ad un galvanometro. L’idea era che l’elettricità del primo avvolgimento avrebbe prodotto magnetismo. Questo sarebbe passato, attraverso l’anello di ferro, raggiungendo l’altra metà e avrebbe prodotto elettricità dall’altra parte. Faraday chiuse l’interruttore e non accadde nulla. Il primo filo (quello a sinistra della Fig. 5) si stava scaldando per il passaggio della corrente mentre all’altro (a destra della Fig. 5) non accadeva nulla (il galvanometro non segnava alcun passaggio di corrente). Poi chiuse l’interruttore, lo riaprì e lo richiuse perché aveva notato qualcosa di molto strano (sottolineo l’importanza dell’osservazione nel processo di ricerca per riuscire a cogliere ciò che ci si aspetta e/o ciò che non ci si aspetta). Il galvanometro si muoveva, ma solo quando veniva aperto o chiuso l’interruttore e per poco tempo. Quando apriva l’interruttore c’era un impulso di elettricità, quando lo chiudeva c’era un impulso di elettricità. Ciò che scoprì non è che il magnetismo produce elettricità, ma che il cambiamento di magnetismo produce elettricità. Il 29 agosto 1831 M. Faraday scoprì il fenomeno dell’induzione elettromagnetica (Fig. 5): fenomeno per cui variando la corrente in un circuito (e quindi il suo campo magnetico) si induce una corrente nell’altro circuito.

Anello di metallo con due avvolgimenti di cui uno alimentato e l'altro no
Fig. 5 Anello di metallo con due avvolgimenti di cui uno alimentato e l’altro no

Il punto importante della sua idea era: dato che la variazione del magnetismo produce elettricità, muovendo dei magneti si può produrre elettricità, quindi si poteva innescare un meccanismo per trasformare energia meccanica, come quella prodotta da una macchina a vapore, in energia elettrica e poi attivare un meccanismo che trasforma energia elettrica in energia meccanica. Quindi si può generare energia elettrica in un luogo, trasferirla tramite i fili in un altro luogo e poi ritrasformarla in energia meccanica. Si potevano avere fabbriche alimentate dall’elettricità, luci … Cominciò così l’era dell’elettricità, la seconda rivoluzione industriale (la prima era alimentata dalle macchine a vapore, la seconda ad elettricità). Tutto ciò fu reso possibile grazie al lavoro di Faraday. Con la scoperta dell’induzione elettromagnetica, Faraday apre la strada alla trasformazione dell’energia meccanica in energia elettrica e viceversa (dinamo, alternatori e motori elettrici). Questo lavoro non fu solo utile per la realizzazione di cose pratiche ma preparò anche il terreno agli sviluppi dell’elettromagnetismo.

Faraday elaborò, grazie all’esperimento della limatura di ferro, anche il concetto di campo inteso come un insieme di linee di forza che riempiono tutto lo spazio e trasmettono le azioni.

linee di campo
linee di campo

Nel 1831 Faraday, quindi, scoprì il fenomeno dell’induzione elettromagnetica e dimostrò che correnti elettriche possono essere prodotte da magneti in movimento così come da altre correnti variabili. Per spiegare questi fenomeni postula l’esistenza delle linee di forza come materializzazione dell’azione che magneti o fili percorsi da correnti esercitano sullo spazio circostante. La formulazione completa della teoria delle linee di forza richiede molti anni e viene esposta nel 1852 nel saggio “Sul carattere fisico delle linee di forza”. Questo testo rappresenterà per Maxwell la base della sua teoria dell’elettromagnetismo. In suo onore è chiamata Farad l’unità di misura della capacità elettrica. Faraday può essere considerato il padre del motore elettrico.

Faraday si occupò anche di una questione un po’ più “filosofica”: come si trasmettono le forze? La gravità è nota a tutti (la gravità del Sole vincola la Terra), ma come si può avere un’azione a distanza, come è possibile che il Sole che è così distante influenzi la Terra o come è possibile che un corpo carico influenzi un altro corpo carico separato dal primo? Come si realizza quest’azione a distanza. Faraday ipotizzò che il Sole produce un campo gravitazionale in ogni punto dello spazio ed è questo campo gravitazionale a far muovere la Terra. Analogamente un oggetto carico produce un campo elettrico in ogni punto dello spazio ed è questo campo elettrico ad agire sulle altre cariche. Faraday, quindi, ideò il concetto di campo elettrico e di campo magnetico e questi sono stati la chiave dello sviluppo della successiva teoria delle forze elettromagnetiche, dei campi elettrici e dei campi magnetici.

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MAXWELL

Il fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831- 1879) mostrava, sin da bambino, una certa curiosità sugli oggetti che lo circondavano, dal semplice giocattolo alla macchina a vapore. Fino a 13 anni viene educato a casa e poi è stato inviato alla Edinbugh Academy dove, quattordicenne, scrive un articolo sulle curve ovali (ellissi o curve a più fuochi). Il suo più grandioso risultato delle sue ricerche è stato ELECTRICITY AND MAGNETISM pubblicato nel 1873 in cui pubblica le quattro equazioni che portano il suo nome. Da allora venne considerato il “padre” dell’elettromagnetismo. Maxwell era a conoscenza dei lavori di Coulomb, di Oersted, di Ampère e di Faraday; egli mise insieme tutti questi risultati sotto forma di equazioni:

equazioni di Maxwell
equazioni di Maxwell
  1. Teorema di Gauss: il flusso del campo elettrico E uscente da una superficie chiusa è uguale alla somma delle cariche contenute al suo interno diviso per la costante dielettirca ε0
  2. Teorema di Gauss per il magnetismo: il flusso di B uscente da una superficie chiusa è sempre nulla;
  3. Legge di Ampère-Maxwell: la circuitazione del campo B lungo un percorso chiuso è uguale al prodotto della permeabilità μ0 per la somma della corrente effettiva e la corrente di spostamento (introdotta da Maxwell);
  4. Legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann: la circuitazione del campo elettrico E lungo una linea chiusa è uguale al rapporto, cambiato di segno, tra la variazione del flusso di B con il percorso considerato e l’intervallo di tempo in cui è avvenuta la variazione.

Queste quattro equazioni riassumono tutti gli esperimenti realizzati fino ad allora. Maxwell scrisse quattro equazioni più una quinta che riguardava la carica elettrica e diceva che la carica elettrica non può essere né creata né distrutta; non possiamo generare solo una carica positiva, possiamo generarla solo se generiamo anche una carica elettrica negativa, proprio come non possiamo generare un polo Nord senza generare un polo Sud. Si conoscevano le cariche elettriche ma le equazioni erano incompatibili con il principio di conservazione della carica. C’era qualcosa di sbagliato nelle sue equazioni. Maxwell dovette allora modificare le sue equazioni e aggiungere qualcosa di cui, all’epoca, non esistevano prove sperimentali. Aggiunse un nuovo termine che si chiama corrente di spostamento. Aggiungendo questo termine, le equazioni diventavano matematicamente coerenti con grande gioia di Maxwell. A questo punto Maxwell si rese conto che le sue equazioni descrivevano non solo l’elettricità, il magnetismo e la relazione tra elettricità e magnetismo ma descrivevano onde elettromagnetiche.

Di queste onde venute fuori dalla teoria dell’elettricità e del magnetismo (onde elettromagnetiche), Maxwell riuscì a calcolarne la velocità. Riuscì a dedurre per via teoria a quale velocità viaggiavano nell’aria o nel vuoto. Scoprì che la velocità di queste onde era identica alla velocità della luce che, da poco, era stata misurata con una certa precisione. Maxwell concluse che ciò che aveva trovato era che la luce è un fenomeno elettromagnetico.

La luce fatta di elettricità e magnetismo, è un’onda elettromagnetica con lunghezze d’onda che vanno dal rosso al violetto. Nell’800 erano state scoperte altri tipi di luce: la luce infrarossa che ha una lunghezza d’onda maggiore rispetto alla luce rossa e la luce ultravioletta che ha una lunghezza d’onda minore rispetto a quella visibile. C’erano molti tipi di radiazioni elettromagnetica. Gli scienziati iniziarono a chiedersi se fosse possibile generare onde elettromagnetiche con frequenza molto più basse (con lunghezza d’onda più grande), le onde che oggi chiamiamo onde radio.

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HERTZ

Il fisico tedesco Heinrich Rudolph Hertz (1857-1894) fu il primo a collegare vari dispositivi elettrici per generare onde elettromagnetiche. Non onde di luce, onde infrarosse o ultraviolette ma onde veramente lunghe dette onde radio. Hertz fece viaggiare un’onda da un lato di una stanza fino ad un rilevatore posto dall’altro lato. In questo modo dimostrò che esistevano le onde elettromagnetiche e che era possibile generarle elettricamente in laboratorio seguendo le leggi di Maxwell.

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MARCONI e MORSE

Gugliemo Marconi (1874-1973) si rese conto che la scoperta di Hertz poteva essere molto importante per la società perché era convinto che era possibile inviare queste onde in posti molto lontani. Marconi costruì un dispositivo con cui inviò delle onde a distanza di qualche chilometro. Poi le inviò dall’Inghilterra e le ricevette in Francia. Poi osò ancora di più e inviò un messaggio oltre l’Atlantico, dall’Inghilterra all’America. Marconi aveva scoperto la telegrafia senza fili. Inviò un codice di punti e linee simile a quello che inventò lo statunitense Samuel Morse (1791-1872), il codice morse. Prima della scoperta di Marconi, i giornali americani scrivevano ciò che era successo a Londra due mesi prima. Ora era possibile sapere cosa succedeva in Europa lo stesso giorno. Una delle conseguenze è che le navi non erano più isolate ma potevano mandare e ricevere dei messaggi, ad esempio di annuncio di arrivo della nave (per dire ai parenti di andarli a prendere) o di aiuto.

Alla fine dell’800 fu scoperta la prima particella elementare, l’elettrone che è l’elemento responsabile dell’elettricità. Sono gli elettroni che si muovono nei fili che producono la corrente elettrica. Cominciò ad essere chiaro che gli elettroni fanno parte degli atomi e gli atomi sono composti da nuclei elettricamente carichi circondati da elettroni. La struttura di tutta la materia è elettrica. Noi siamo fatti di molecole ed esse sono fatte di atomi. Questi atomi, queste cellule e questi organi sono tenute insieme da forze elettriche; noi siamo elettrici, la luce è elettrica, la materia è elettrica, ogni cosa è elettromagnetica.

Prof. Vito Egidio Mosca
Imparare la Fisica

Pubblicato da impararelafisica

Come è bello conoscere tante cose e non saperne altre, ma è ancora più bello scoprirne delle nuove anche se già scoperte da altri. Mosca Vito Egidio, Docente di Matematica e Fisica, Liceo Scientifico. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2009 dell'AIF. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2016 dell'AIF.