Teoria della relatività ristretta di Einstein

Teoria della relatività ristretta di Einstein

All’età di 16 anni Einstein si è imbattuto nel seguente paradosso: se, nel vuoto, un uomo potesse inseguire un raggio luminoso alla sua stessa velocità, la luce gli apparirebbe ferma. Ma le equazioni di Maxwell non prevedono l’esistenza della luce ferma e quindi deve essere valida una sola delle seguenti possibilità:

  • le equazioni di Maxwell sono sbagliate;
  • è impossibile che un corpo materiale possa viaggiare alla velocità della luce.

Per la fisica newtoniana era possibile raggiungere qualunque velocità. Dopo 10 anni, all’età di 26 anni Einstein pubblica nel 1905 la sua teoria della relatività ristrettaQuesta teoria si basa su due postulati (dal latino postulatum = ciò che è richiesto; verità fondamentali della natura; proposizioni che, senza essere preventivamente dimostrate, vengono assunte vere):

  1. EQUIVALENZA DELLE LEGGI FISICHE: le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali;
  2. LA VELOCITÀ DELLA LUCE NEL VUOTO E’ COSTANTE: la velocità della luce nel vuoto è finita ed è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali ed è indipendente dal moto della sorgente della luce e dal moto dell’osservatore. Nel vuoto la velocità della luce è c = 3 · 108 m/s.

In parole semplici il primo postulato afferma che: un esperimento di meccanica, di termodinamica, di elettromagnetismo svolto su un sistema di riferimento inerziale (ad es. la Terra) avviene nello stesso modo e fornisce gli stessi risultati dello stesso esperimento svolto su un jet a velocità costante (ad es. di 1000 km/h).

Il secondo postulato mette in parte in crisi la legge di composizione delle velocità e quindi le trasformazioni galileiane. Per comprendere meglio il secondo postulato facciamo il seguente esempio:
se un osservatore a terra vede un raggio di luce muoversi a velocità c, un osservatore su un aereo che viaggia ad altissima velocità vedrebbe lo stesso raggio di luce muoversi a velocità c.

relatività ristretta di Einstein

Per il secondo postulato della teoria della relatività ristretta di Einstein entrambi hanno ragione. Se ciò è vero vuol dire che il tempo e lo spazio non sono assoluti ma relativi. In particolare, se la velocità considerata è << c (molto minore di c) le leggi della fisica classica e le trasformazioni di Galileo sono ancora valide, ma se la velocità è paragonabile a quella della luce allora dobbiamo considerare che lo spazio e il tempo non sono assoluti ed infatti si parla di dilatazione dei tempi e di contrazione delle lunghezze; in particolare per l’osservatore sull’aereo il tempo scorre più lentamente.

Dilatazione dei tempi: orologio a luce

Consideriamo un orologio a luce in posizione fissa (v = 0):

relatività ristretta: orologio a luce

Indichiamo con Δt0 l’intervallo di tempo impiegato dall’orologio in posizione fissa per compiere un battito di orologio cioè per percorrere la distanza 2d (per andare dalla sorgente allo specchio e tornare indietro):

Δt0 = 2d / c

Consideriamo un orologio a luce identico al precedente ma posto sull’aereo più veloce che attualmente esiste e che si sposti alla velocità v (verso destra):

relatività ristretta: orologio a luce in movimento

Indichiamo con Δt l’intervallo di tempo impiegato dall’orologio sull’aereo per compiere un battito di orologio cioè per andare dalla sorgente allo specchio e tornare indietro; questa volta però poiché l’orologio a luce si muove con velocità v, in ogni tratto non percorrerà più uno spazio d ma l’ipotenusa di un triangolo rettangolo (sia all’andata che al ritorno). Dalla figura precedente ricaviamo quindi:

relatività ristretta: dilatazione del tempo

Poiché

2d / c = Δt0

sostituendo troviamo che :

dilatazione del tempo3

La precedente relazione vale per ogni tipo di orologio e non solo per l’orologio a luce.
La seguente quantità si chiama fattore di Lorentz:

Se disegniamo il fattore di Lorentz in funzione della velocità v otteniamo:

Il rapporto v/c viene anche indicato con il simbolo β:

Dalla relazione dei tempi possiamo osservare che per:

  • v = 0 m/s: γ = 1 e Δt = Δt0
  • v →c: γ → +∞ e Δt = γ Δt0 → +∞

Quindi per velocità v << c (molto minore di c) il tempo è lo stesso sia in un sistema di riferimento in quiete che in un sistema di riferimento in moto con velocità v.

Per velocità prossime alla velocità della luce (per v che tende a c) il tempo impiegato per un battito di orologio tende ad infinito. Vediamo alcuni esempi:

Δt0 = 1 s, v = 0,5 c => Δt = 1,15 s
Δt0 = 1 s, v = 0,9 c => Δt = 2,29 s
Δt0 = 1 s, v = 0,95 c => Δt = 3,20 s
Δt0 = 1 s, v = 0,99 c => Δt = 7,09 s
Δt0 = 1 s, v = 0,999 c => Δt = 22,37 s
Δt0 = 1 s, v = 0,9999 c => Δt = 70,71 s

La dilatazione del tempo nella teoria della relatività ristretta di Einstein (cioè il rallentamento dell’orologio per un osservatore in moto con velocità v confrontabile con quella della luce) influenza anche il nostro orologio biologico. Se un gemello astronauta viaggia ad alta velocità invecchierà più lentamente del suo fratello gemello rimasto sulla Terra nonostante per l’astronauta il tempo sembra scorrere nello stesso modo (paradosso dei gemelli).

La dilatazione (il rallentamento) del tempo non è soltanto una teoria ma è stato osservato sperimentalmente con il tempo di vita media di una particella (muone) che viaggia ad una velocità v = 0,9992 c.

Simultaneità degli eventi

La dilatazione del tempo ha anche come conseguenza che la simultaneità degli eventi non si conserva nel passaggio da un sistema di riferimento ad un altro in moto rispetto al primo.

Prima di vedere un esempio che spiega meglio questo concetto, diciamo che due eventi (ad es. due fulmini che cadono in due punti diversi) sono simultanei se un osservatore che sta al centro vede i fulmini contemporaneamente.

Vediamo un esempio sulla simultaneità degli eventi: consideriamo un treno composto da una sola carrozza che sta passando ad alta velocità v davanti ad una stazione in cui vi è un osservatore fermo:

teoria della relatività ristretta: treno per simultaneità degli eventi

L’osservatore in stazione vedrà simultaneamente la punta B e la coda A del treno colpiti da due fulmini, cioè la scintilla in B e la scintilla in A arriveranno contemporaneamente agli occhi dell’osservatore in stazione.

Cosa succede all’osservatore sul treno che si trova nel punto O’ e che si muove ad alta velocità v? Poiché la velocità della luce non è infinita (secondo postulato di Einstein) mentre la scintilla che scocca in B’ percorre il tratto B’O’, l’osservatore si avvicina al punto B’ con velocità v; mentre la scintilla che scocca in A’ percorre il tratto A’O’, l’osservatore si allontana da A’. Quindi l’osservatore O’ vedrà prima l’evento in B’ e poi in A’.

Se il treno viaggiasse con la stessa velocità v ma in verso opposto, lo stesso osservatore vedrebbe prima l’evento in A’ e poi quello in B’.

Possiamo concludere che il concetto di “simultaneità”, di “prima” e di “dopo” sono concetti relativi, cioè il tempo non è assoluto ma relativo.

Contrazione delle lunghezze

Anche le lunghezze, come il tempo, non sono le stesse per un osservatore fermo ed un osservatore in moto con velocità v prossima a quella della luce.  Il disaccordo della simultaneità di due eventi comporta anche un disaccordo sulle misure di lunghezza.

Per comprendere la contrazione delle lunghezze consideriamo un orologio a luce disposto orizzontalmente (vedi figura) di lunghezza d0:

orologio a luce orizzontale3

Come abbiamo già detto:

Δt0 = 2d0 /c

Supponiamo che tale orologio si muova ad un’alta velocità v:

orologio a luce orizzontale

Vogliamo trovare d.

Quando il raggio parte dalla sorgente impiegherà un tempo di andata Δta prima di colpire lo specchio. In questo intervallo di tempo Δta l’orologio si sarà spostato di un tratto vΔta e quindi complessivamente lo spazio percorso dalla luce è

da = d + v Δta

sappiamo anche che

da = c Δta

Uguagliando:

c Δta = d + v Δta

Perciò

Δta = d/(c-v)

Quando il raggio torna indietro impiegherà un tempo di ritorno Δtr prima di colpire lo specchio dove è la sorgente. In questo intervallo di tempo Δtr l’orologio si sarà spostato di un tratto vΔtr e quindi complessivamente lo spazio percorso dalla luce è 

dr = d – v Δtr

sappiamo anche che

dr = c Δtr

Uguagliando:

c Δtr = d – v Δtr

Perciò

Δtr = d/(c+v)

Il tempo totale impiegato è quindi:

Δt = Δta + Δtr
contrazione lunghezze

Confrontando questa formula con quella relativa alla dilatazione dei tempi (la riscriviamo per facilitare il confronto)

dilatazione del tempo3

uguagliando i due Δt:

formula contrazione lunghezze

che rappresenta la contrazione delle lunghezze.

La contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi sono collegate tra loro.

Dalla precedente possiamo osservare che:

  • per v = 0 m/s: d = d0
  • per v →c: d → 0

Il termine teoria della relatività ristretta è dovuta al fatto che tale teoria è ristretta ai sistemi inerziali cioè non accelerati.

Che cos’è la massa relativistica?

All’età di 16 anni Eistein giunse al seguente paradosso: se un uomo potesse inseguire un raggio luminoso nel vuoto alla sua stessa velocità, la luce gli apparirebbe ferma! Ma le equazioni di Maxwell non prevedevano la possibilità di avere una luce ferma! Perciò o non è possibile che la luce fosse ferma o le equazioni di Maxwell erano sbagliate. Entrambe le possibilità sembravano assurde e per questo si parla di paradosso. Poiché le equazioni di Maxwell erano ormai accettate come note, Einstein concluse:

la velocità della luce è un limite invalicabile.

Einstein, in maniera indipendente da Lorentz, ritrovò le famose trasformazioni di Lorentz cioè delle relazioni tra le coordinate spaziali e temporali di due generici sistemi di riferimento inerziali in moto relativo:

trasformazioni di Lorentz

Tale trasformazioni vanno a sostituire le trasformazioni galileiane viste nell’articolo premesse alla relatività ristretta di Einstein.

Queste trasformazioni rappresentano matematicamente la teoria della relatività ristretta di Einstein che viene espressa in questo modo:

le leggi della natura sono invarianti nel passaggio da un sistema di riferimento ad un altro mediante le trasformazioni di Lorentz.

Vediamo un esempio che ci fa meglio comprendere la frase scritta sopra. Consideriamo la seguente legge:

x = c · t

e dimostriamo che è invariante per le trasformazioni di Lorentz:

dimostrazione invarianza
dimostrazione invarianza
x’ = c · t’

Ha la stessa forma, è invariante per le trasformazioni di Lorentz.

Le leggi di Maxwell risultano invarianti per le trasformazioni di Lorentz, mentre le leggi di Newton no! Perciò le leggi di Newton andavano riformulate anche perché la legge F = m·a prevede che se ad una massa m applico una forza costante essa accelera indefinitamente superando la velocità della luce, cosa che abbiamo detto non è possibile (secondo postulato di Einstein). La seconda legge della dinamica va quindi riformulata in quanto la massa dell’oggetto non dipende dal moto dell’oggetto. Einstein fu dunque portato a cambiare la nozione di massa che non è più la “quantità di materia” del corpo ma è solo l’inerzia al moto:

massa relativistica

dove m0 è la massa a riposo (v = 0 m/s) e v è la velocità della massa m.

Osserviamo che se v → c allora m → . Perciò una forza costante genererebbe un’accelerazione via via minore. Da ciò deduciamo anche che un oggetto di massa finita non può mai raggiungere la velocità della luce.

Quantità di moto relativistica ed energia relativistica

Naturalmente cambiando la massa cambiano le grandezze legate a lei e perciò cambia l’espressione della quantità di moto che diventa:

quantità di moto relativistica

Se su un corpo di massa m compiamo un certo lavoro ci saranno due effetti:

  • una parte di questo lavoro aumenterà la sua velocità;
  • l’altra parte del lavoro aumenterà la sua massa.

Da ciò possiamo dedurre che la massa è un altro tipo di forma di energia. Einstein dimostrò che quando un corpo di massa m è in moto con velocità v la sua energia è data da:

E=mc2

Per v = 0 m/s l’energia non si annulla ma diventa l’energia a riposo:

energia a riposo

Si può osservare che c è una velocità molto alta e c2 lo è ancora di più, quindi anche ad una piccola quantità di massa è associata una grande energia.

Einstein era giunto alla conclusione che se un corpo assorbe o cede una quantità di energia E di qualsiasi genere, allora esso acquista o perde una quantità di massa pari ad E/c2. Per ragioni di simmetria, doveva sussistere anche la proprietà inversa e cioè ogni massa possiede energia. Tale equivalenza fu tradotta da Einstein in una delle equazioni più famose al mondo:

E = m c2

Nel 1907 Einstein affermò: ogni massa possiede energia e le conferme a tale affermazione si ebbero con le reazioni nucleari.

Energia cinetica relativistica

Considerando che un corpo di massa m0 a riposo ha un’energia E = m0 c2, la stessa massa a velocità v avrà un’energia pari a

E = m0 c2 + K

dove K è l’energia cinetica. Poiché sappiamo che

energia

Uguagliando le ultime due formule dell’energia si trova l’espressione dell’energia cinetica relativistica:

energia cinetica relativistica

Osservazione

Il concetto più profondo che sta dietro alla teoria della relatività ristretta di Einstein non risiede nella relatività di alcune grandezze come lo spazio e il tempo ma nel fatto che i diversi risultati delle misure condotte in diversi sistemi di riferimento possano essere correlati tra di loro in modo da giungere a leggi fisiche assolute indipendenti dal sistema di riferimento. Gli esperti più che di relatività parlano di assoluto per mettere in risalto l’aspetto invariantivo delle leggi della natura (rispetto alle trasformazioni di Lorentz).

Prof. Vito Egidio Mosca
Imparare la Fisica

Lettura consigliata: “Il genio e il gentiluomo” di Fabio Toscano – Sironi Editore
Il genio è Einstein e il gentiluomo è l’italiano Greogorio Ricci Curbastro di Lugo.

Pubblicato da impararelafisica

Come è bello conoscere tante cose e non saperne altre, ma è ancora più bello scoprirne delle nuove anche se già scoperte da altri. Mosca Vito Egidio, Docente di Matematica e Fisica, Liceo Scientifico. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2009 dell'AIF. Vincitore del Premio Antonella Bastai Prat 2016 dell'AIF.